Davos 17 gennaio 2022: in apertura del Forum Economico Mondiale, il Presidente cinese Xi esorta tutti i Paesi a «cooperare per sconfiggere la pandemia, garantendo una distribuzione equa e accelerata dei vaccini», esortandoli a «condurre una ricerca attiva e cooperativa per lo sviluppo di medicinali, costruire insieme più linee di difesa contro il coronavirus e accelerare gli sforzi per costruire una comunità globale di salute per tutti».
In Germania Svenja Schulze, Ministra federale per la cooperazione economica e lo sviluppo, ha assicurato a paesi a reddito medio-basso un maggior aiuto nella lotta alla pandemia. Esso è volto creare il know how per una produzione di vaccini in Sudafrica, Ruanda, Ghana e Senegal, così da potervi produrre in futuro anche vaccini contro la malaria e altre malattie tropicali. Schulze ha inoltre annunciato che la salute globale sarà nel focus della presidenza tedesca del G7 quest’anno.
Se da un lato queste esortazioni e questi impegni concreti sono tesi ad impedire un nuovo crollo dell’economia mondiale, dall’altro è indubbio che la pandemia abbia portato a un rinnovato senso di responsabilità per la salute globale. O se non altro alla consapevolezza che essa è nell’interesse di tutti.
Global Health o protezionismo?
Il titolo che abbiamo scelto chiude con un punto interrogativo che vuole significare: la salute globale non è necessariamente incompatibile con gli interessi nazionali.
Si tratta allora di far emergere, in un quadro più differenziato, se o come i meccanismi del mercato e della ricerca possano adattarsi all’esigenza di una «comunità globale di salute per tutti».